mercoledì 8 aprile 2015

Clown, pagliacci e buffoni



Ricordo che da piccola detestavo il circo.
Non solo per i poveri animali ridotti a pupazzi senza decoro ma anche per quegli esseri umani che per definizione avrebbero dovuto far ridere e che, invece, a me facevano piangere.
I clown innanzitutto.
Senza alcuna ragione logicamente comprensibile a una bambina, come vedevo comparire quella maschera scolpita in un’innaturale smorfia colorata, mi rattristavo. Provavo una profonda pena per quella persona dall’identità mortificata, costretta a rendersi ridicola in degradanti cadute e goffi strafalcioni per strappare un sorriso all’inclemente pubblico. E quasi offesa dalle risate intorno a me, non capivo come gli altri, bambini e adulti, potessero realmente divertirsi davanti a un simile grottesco, fasullo, deprimente teatrino. Poverino – pensavo con un nodo in gola guardando il clown – mi fa tanta pena. E dentro di me speravo che quella tragicomica allegoria della vita finisse presto ... via, via, voglio andare via!
Crescendo, ovviamente ho elaborato riflessioni più ragionevoli e umili. Pur continuando a non amare il circo, ho restituito il giusto valore ai suoi attori umani attribuendo la meritata dignità al loro lavoro e la giusta stima ai clown, anche se continuano a non farmi ridere. Anche perché, da grande, ho imparato che non serve comprare un biglietto ed entrare in un tendone di circo per imbattersi in certi personaggi. Ho scoperto, infatti, che al mondo esistono individui altrettanto grotteschi che, senza bisogno di un palcoscenico artificiale, di una maschera colorata e di un accompagnamento sonoro, riescono a trasformarsi in patetici pagliacci, senza nemmeno tanto esercizio fisico e spirituale, perché sono buffoni per vocazione.
La differenza, rispetto ai benevoli clown circensi, è che questi pagliacci quotidiani non recitano, vivono come buffoni: usano grandi parole al posto dei fiori di carta, sfoggi di potere al posto dei capitomboli, biglietti da visita al posto delle smorfie e puerili minacce al posto di sonore pernacchie. E pensare che non bisogna nemmeno pagare il biglietto per assistere a un loro spettacolo ...
A parte queste piccole, inconsistenti differenze, anche loro, così come i clown della mia infanzia non del tutto dimenticata, mi fanno solo tanta, tanta pena.