lunedì 27 gennaio 2014

To blog or not to blog...



Vorrei esprimere la mia simpatia e solidarietà alle tante e tanti blogger che seguo puntualmente in rete. Mi riferisco a quell’universo di penne nomadi che, volenti o nolenti, disertano le pagine ufficiali di riviste e webzine ma che quotidianamente liberano la propria voce ritagliandosi un proprio spazio virtuale. Uno spazio spesso ristretto e sacrificato, scevro da vincoli ma talvolta anche da gratificazioni.
Penso che, dopo tutto, la spinta a comunicare attraverso un proprio blog non risponda sempre e solo a un bisogno narcisistico, cioè quello di arraffare a tutti i costi visibilità e di mettere in vetrina la propria conoscenza o arte lirica per puro autocompiacimento. C’è chi scrive (e c’è chi scrive bene) anche per dare voce agli altri, facendosi strumento e non attore della comunicazione: per raccontare storie di persone, retroscena di situazioni, panorami emozionali, e non semplicemente fare cronaca di fatti senz’anima. Spesso su riviste e quotidiani non c’è spazio per l’emozione, tanto meno per la riflessione intima e affezionata che esonera dall’obiettività richiesta dalle redazioni.  Personalmente, e probabilmente controcorrente, noto che questo modo di comunicare spontaneo (quando è ben espresso) e svincolato dai frequenti capricci e interessi di direttori non sempre responsabili (!) sia invece ammirevole e dovrebbe essere apprezzato anche da chi fa giornalismo puro. Perché si sa, invece, che i giornalisti professionisti tendono a snobbare i blogger, quasi fossero il sottobosco ombroso rispetto al loro rigoglioso giardino (ora assai in degrado, ahimè!).
Ben vengano dunque queste penne senza patria che, con un po’ di talento e un po’ di sensibilità, aggiungono ogni giorno un tocco di umanità alla comunicazione comandata. 
... e poi, la soddisfazione d'esser liberi di scrivere ciò che si pensa non ha prezzo!