giovedì 21 novembre 2013

La ricchezza della cucina povera


Se è vero che la Ribollita appartiene alla cosiddetta ‘cucina povera’, ebbene evviva la povertà, perché rende più robusto il corpo e più ricco lo spirito. 
Come non esultare, infatti, al cospetto dell’esuberanza d’un piatto schietto e sincero che infonde vigore al solo sguardo, magari accanto a un camino dove la brace crepitando evoca languidi affetti e memorie infantili? 
Quel profumo avvolgente delle verdure scaldate a fuoco lento, quella pastosa fumosità dei fagioli rimestati a lungo da mani sapienti, e quell’olio di olive che con sensuale femminilità tutto carezza e ammansisce, con tale materno garbo da commuovere i sensi. 
Sacralità e quotidianità sembrano mescolarsi insieme agli effluvi caldi della generosa ciotola.
L’energia sembra ribollire da quella fragranza odorosa di campi e di storia e così la semplicità d’un piatto povero si traduce in turgore e vigore, un complice invito a consumare con la giusta lentezza, cucchiaio dopo cucchiaio, quel concentrato di natura che rende forti e sani. 
Ed ecco, infine, un tocco segreto che piacevolmente sorprende: compare la polenta, al posto dell’usuale pane, sottofondo che infonde una paciosa leggerezza a un piatto che sa essere elegante pur servito su un tavolo di legno in un ameno contorno di campagna. 
Non serve altro per ‘vivere’ la Ribollita: il piacere lo dona lei e l’energia la conquistate voi. 
Altro che povertà!