lunedì 30 dicembre 2013

Aspettando il Domani



Asociale... antipatica ... o semplicemente  atipica.
Il mio capodanno ideale?
Aspettare il Domani così. 
Lontano da feste, lustrini e fuochi artificiali. 
Trafitta da una coperta di stelle celesti complici dei miei 
pensieri, 
a piedi nudi su languide curve di soffice sabbia dove disegnare i miei 
 sogni, 
leccata da onde sensuali vibranti di plancton all'eco dei miei
ricordi,
solo il bacio del vento tra i capelli, 
la carezza del sale sulla pelle
e l'abbraccio nella notte che scivola nel mare dei miei
desideri.
Sola con me stessa,
felicemente atipica.

giovedì 19 dicembre 2013

Coltura&Cultura.It




L’agricoltura italiana sta uscendo dall’ombra.
E’ con quest’affermazione carica di fiducia e di ottimismo che si apre la consueta conferenza stampa di fine anno di Bayer, azienda leader mondiale nella ricerca scientifica.
Lo scorso anno l’agricoltura ha, infatti, rappresentato l’unico settore in crescita in un panorama economico nazionale e internazionale estremamente travagliato e si è confermata il motore trainante per la nostra esportazione. Questo non è solo motivo d’orgoglio per i tanti operatori del settore che da anni lottano per dimostrare il valore del proprio impegno e dei propri prodotti, ma è anche una grande opportunità professionale per i giovani che si affacciano al difficile mondo del lavoro. Negli ultimi anni, infatti, il settore agroalimentare è stato di grande stimolo per le nuove leve, con un crescente aumento di imprese agricole guidate da under 35 e un’impennata delle matricole alle facoltà di agraria e alle scuole secondarie professionali nei settori di agricoltura, enogastronomia e ospitalità alberghiera.
Bayer aveva intuito già molto tempo fa questa meritata valorizzazione del lavoro della terra e con la sua ricetta “ricerca, ascolto, collaborazione” si dimostra tuttora un passo avanti, lanciando costantemente ambiziose sfide per far sì che l’agricoltura italiana esca definitivamente dall’ombra, anche in vista dell’Expo 2015. Fondamentale, come sottolinea Karina von Detten – Amministratore Delegato di Bayer CropScience Italia - è imparare a fare squadra, fare sistema, in modo da trascendere le competitività interne e unire le forze in vista di vantaggi comuni maggiori. Una competitività che deve essere valutata strategicamente anche dai nostri governanti e quindi appoggiata dall’alto per non porre gli agricoltori italiani in svantaggio sul mercato internazionale. Magis vino è un esempio straordinario di come anche in Italia si possa fare sistema nel settore agricolo, un esempio che Bayer cercherà di estendere ad altri prodotti, oltre al vino, come all’uva da tavola e ai cereali.
Ma le sfide di Bayer in difesa della qualità e della sostenibilità non si fermano qui. Il prossimo anno 12 nuovi prodotti di origine biologica e chimica per la protezione delle colture risponderanno a soluzioni integrate in vista della sostenibilità. Inoltre continuerà l’offerta di prodotti dedicati all’Hobby Farming in collaborazione con Bayer Garden. Ma nell’anno in cui l’Azienda compie i suoi 150 anni di successi, una delle realizzazioni più accattivanti di Bayer CropScience è questa: www.colturaecultura.it Ovvero, la collana di libri dedicata ai prodotti della nostra terra, Coltura&Cultura, si evolve in versione web, trasformandosi in un sito di grande appeal, colorato e divertente, che mescola al linguaggio scientifico la grammatica del web, per una piacevole consultazione dei manuali, una facile comprensione dei contenuti e una conoscenza dei 600 autori dei volumi. Come spiega Paola Sidoti - responsabile Business & Marketing Communications di Bayer CropScience Italia - il nostro panorama agricolo è fatto da tante Ferrari ma anche da tantissime utilitarie, straordinarie e fondamentali per tutto il settore. Ecco che il sito colturaecultura.it offre una conoscenza più approfondita e diffusa dei prodotti delle nostre regioni, dalla fragola agli agrumi, dimostrando come l’agricoltura italiana sia contemporaneamente “una e molteplice” perché con la sua unica varietà soddisfa tutti i gusti in tutte le stagioni. Ognuno dei 15 volumi è completamente scaricabile gratuitamente, basta registrarsi. Inoltre il sito lascia molto spazio ai video, brevi e dinamici, che raccontano in maniera giocosa curiosità e verità scientifiche. La presentazione di Duccio Caccioni, autore nonché attore già collaudato da Bayer CropScience, sintetizza esemplarmente la piacevolezza di un format che in virtù della sua solidità culturale è patrocinato da Asa, Associazione Stampa Agroalimentare presieduta da Roberto Rabachino.   
Anche questo è uno strumento di comunicazione strategico per dar voce alla nostra agricoltura e condividere con un pubblico sempre più vasto il messaggio di fiducia e di ottimismo che saluterà il prossimo anno.

martedì 17 dicembre 2013

Rinascita


Una buona terapia psicoanalitica
porta a nascere una seconda volta, 
perchè trascende la nascita del corpo 
e completa quella dell'anima.
Il travaglio è lungo e sofferto ma il parto è un inno alla vita.
Solo dopo questa rinascita dolorosamente raggiunta
 ci si accorge 
di quanti 'mai nati' è pieno il mondo.
Ahimè!

domenica 1 dicembre 2013

I FRUTTI DEL SOLE RACCONTATI IN UN LIBRO: “GLI AGRUMI”


Dai Giardini delle Esperidi alle pendici dell’Etna: la Sicilia ospita Bayer CropScience per illustrare il nuovo volume di Coltura&Cultura


“La strada attraversava gli aranceti in fiore e l’aroma nuziale delle zagare annullava ogni cosa, come il plenilunio annulla un paesaggio … tutto era cancellato da quel profumo islamico che evocava urì e carnali oltretomba.”
Così scriveva nel 1958 Giuseppe Tomasi di Lampedusa, spremendo in questo breve passo del Gattopardo il volto esotico della sicilianità più pura. Le arance, infatti, insieme alle 200 specie della famiglia degli agrumi, rappresentano il simbolo della Sicilia e insieme dell’Italia, essendo il nostro Paese il 4° produttore di agrumi al mondo, con un contributo siciliano di oltre il 55%.
Ma dietro questi numeri, certamente essenziali per capire l’importanza di un settore agricolo economicamente strategico anche all’estero, sta una storia affascinante: una storia secolare raccontata da piante e frutti che legano oriente e occidente, islam e cristianesimo, salute e alimentazione, uomo e terra.
Il nuovo volume “Gli Agrumi” della collana Coltura&Cultura di Bayer CropScience sintetizza il ricco retroscena di questi frutti, armonizzando in maniera fluida panorami storici, artistici, letterari e musicali con quelli più strettamente botanici, scientifici, salutistici ed economici. 63 autori hanno dato vita a oltre 600 pagine di sapere per il piacere di scoprire tutti i segreti di una grande famiglia di frutti, dagli aspetti più tecnici a quelli più lirici.
Il volume è stato presentato ufficialmente nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Catania, il 29 novembre. Così, un’uggiosa serata s’è colorata di sole grazie agli interventi degli oratori che hanno intrattenuto con aneddoti e curiosità il folto pubblico: il Rettore dell’Università Alessandra Gentile, i Professori Eugenio Tribulato (dell’Università di Catania) e Paolo Inglese (dell’Università di Palermo), membri dell’Accademia dei Georgofili e coordinatori scientifici del libro. Insieme hanno illustrato come cedri, limoni, pummeli, mandarini, lime e arance affondino le radici nella storia secolare dell’uomo; come l’arte li abbia sempre raffigurati quali simboli culturali, sacri e profani; e quali meccanismi la natura inneschi per rendere così belli e colorati questi frutti, tanto da ispirare pittori e poeti d’ogni tempo.  Con i docenti, Paola Sidoti - responsabile Business & Marketing Communications di Bayer CropScience in Italia – ha riassunto l’importanza del volume, confermando la volontà di Bayer di sposare coltura e cultura diffondendo in maniera piacevole contenuti articolati di realtà importanti spesso poco conosciute. Questo in virtù di un consumo più consapevole dei prodotti ma anche del piacere di esplorare le nostre radici, perché ogni “jardinum” (aranceto) non è solo lavoro, ricerca e profitto ma è innanzitutto un luogo fruttifero e dilettevole di storie tutte da scoprire.
“Il volume è uno strumento che coglie il vissuto positivo dei consumatori verso gli agrumi e che può contribuire a migliorare la capacità competitiva della produzione italiana. Questo libro è un elogio a coltivazioni bellissime e dai buonissimi frutti, - ha concluso Paola Sidoti - per fare cultura degli agrumi a 360° e premiare tutti gli agrumicoltori, a cominciare dai siciliani, avvicinando a questo mondo tecnici e appassionati che vogliono sapere come nasce un agrume, una spremuta o un grande profumo.
La presentazione del libro s’è conclusa con un concerto nella Chiesa di San Nicolò l’Arena, dove un coinvolgente duetto tra lo Stradivari 1715 del Maestro Matteo Fedeli e il pianoforte di Andrea Carcano ha aggiunto una nota poetica alla serata culturale. Una serata degna del Gattopardo!


Dove le Arance diventano Rosse
Per capire meglio la ricchezza dei contenuti del volume “Gli agrumi”, Bayer ha dato voce a una delle aziende trainanti del mercato agrumicolo siciliano. Situata a Lentini (SR), dove il microclima etneo è ideale per gli agrumi, la Società APAL O.P. della Famiglia Scrofani fa parte del Consorzio di Tutela Arancia Rossa di Sicilia: vanta 1000 ettari di terreni coltivati, 100 soci e 20000 tonnellate annue di frutti prodotti. Ma l’Azienda vanta soprattutto l’alta qualità dei propri prodotti, dalle arance Tarocco, Moro e Sanguinello a nettarine, albicocche e pesche, frutti che estendono l’attività a 10 mesi l’anno coprendo quasi tutte le stagioni. Visitando l’Azienda si capisce quanto sacrificio e passione occorrano per sostenere un mercato difficile e colmo di paradossi, dovuti per esempio a importazioni di arance estere a minor costo rispetto le nostre che sono invece più richieste dal mercato europeo. Se Cina, Spagna, Grecia o Marocco possono essere temibili dal punto di vista dei prezzi, non possono tuttavia competere con la Sicilia in quanto a generosità della terra (la convivenza di colate laviche con un terreno fertile, la presenza del mare e di un clima secco e caldo che rende le arance più rosse) e ad esperienza umana (una lunga tradizione famigliare che sposa una costante innovazione tecnologica).
E’ con questa esperienza che Filadeflo Scrofani e suo figlio Salvatore affrontano il mercato esportando oltre il 35% dei prodotti e soddisfacendo una richiesta estera sempre maggiore. La speranza è che anche il consumatore italiano diventi più consapevole della qualità dei ‘nostri’ prodotti, frutto di tradizione ma anche di ricerca scientifica e tutela ambientale.
E’ a questa voce appassionata che Bayer CropScience si unisce per far sì che gli Agrumi siciliani e italiani acquistino il giusto valore nella percezione collettiva e siano quindi più apprezzati e consumati anche a casa nostra.

Una sosta di piacere
A metà strada tra Siracusa e Catania sorge l’Agriturismo Badiula, immerso in un giardino coltivato prevalentemente ad agrumi, sorvegliato dallo sguardo severo dell’Etna e carezzato dalla mite brezza del Mediterraneo. Alla bellezza della natura l’agriturismo unisce la tipica ospitalità siciliana, fatta di genuinità e passione: 8 camere con ogni comodità, un ristorante interno e un Giardino d’inverno, un grazioso centro benessere e diverse attività sportive, oltre naturalmente alla produzione di prodotti tipici da degustazione. Imperdibili, a pranzo o a cena, la caponatina per cominciare in bellezza e la bavarese al mandarino per finire in dolcezza.

giovedì 21 novembre 2013

La ricchezza della cucina povera


Se è vero che la Ribollita appartiene alla cosiddetta ‘cucina povera’, ebbene evviva la povertà, perché rende più robusto il corpo e più ricco lo spirito. 
Come non esultare, infatti, al cospetto dell’esuberanza d’un piatto schietto e sincero che infonde vigore al solo sguardo, magari accanto a un camino dove la brace crepitando evoca languidi affetti e memorie infantili? 
Quel profumo avvolgente delle verdure scaldate a fuoco lento, quella pastosa fumosità dei fagioli rimestati a lungo da mani sapienti, e quell’olio di olive che con sensuale femminilità tutto carezza e ammansisce, con tale materno garbo da commuovere i sensi. 
Sacralità e quotidianità sembrano mescolarsi insieme agli effluvi caldi della generosa ciotola.
L’energia sembra ribollire da quella fragranza odorosa di campi e di storia e così la semplicità d’un piatto povero si traduce in turgore e vigore, un complice invito a consumare con la giusta lentezza, cucchiaio dopo cucchiaio, quel concentrato di natura che rende forti e sani. 
Ed ecco, infine, un tocco segreto che piacevolmente sorprende: compare la polenta, al posto dell’usuale pane, sottofondo che infonde una paciosa leggerezza a un piatto che sa essere elegante pur servito su un tavolo di legno in un ameno contorno di campagna. 
Non serve altro per ‘vivere’ la Ribollita: il piacere lo dona lei e l’energia la conquistate voi. 
Altro che povertà!

mercoledì 20 novembre 2013

Il Rinascimento del vino: il Chianti



“La poesia consiste nel fare entrare il mare in un bicchiere” scriveva con sobria eleganza Italo Calvino. Analogamente si può dire che l’arte di fare il vino consiste nel fare entrare la storia di un intero territorio in un bicchiere. Perché un vino non è solo bevanda e alimento, è anche cultura e tradizione di gente innamorata della propria terra e del proprio lavoro.
Il Chianti ne è un perfetto esempio e nel nome sta racchiuso il suo segreto: Chianti è sinonimo di vino ma anche di territorio. E’ il cuore rinascimentale della Toscana, accoccolato tra le morbide curve dei Colli Fiorentini, Senesi e Pisani - tra le provincie di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena - dove alla generosità della natura s’intreccia l’orgoglio di una storia millenaria, ancora viva nei numerosi borghi medievali tra cui spiccano i pittoreschi Monteriggioni e San Gimignano. Qui, attraverso il vino, l’essenza distillata da un suolo unico per clima e biodiversità sembra riversarsi nelle vene risvegliando il corpo alla vita e, una volta ridestato il corpo, ecco che invade dolcemente l’anima rievocando un passato mai del tutto passato. Ecco allora che sospinti da un sorso profumato, i pensieri galoppano, i sentimenti volteggiano e le parole danzano, al piacevole ritmo dei racconti di donne e uomini che di questo nettare oggi sono artefici. Sono storie di intere generazioni, nonni, madri e nipoti, grandi famiglie che hanno condiviso fatica e passione. Ed è proprio questo che si sente dentro un bicchiere di buon Chianti.
Il filo conduttore di questi vini è l’eterna giovinezza: nelle sue numerose declinazioni, sempre sobrie ed eleganti, il Chianti si propone come una gamma di vino facile da capire e da apprezzare, mai vanitoso, piuttosto democratico, godibile da giovane ma capace d’invecchiare con dignitoso brio. Con quell’inconfondibile rosso porpora, i tannini evidenti e il profumo vinoso, il Chianti è un invito a tutti per farne una sana abitudine quotidiana, come i riti familiari più antichi e conviviali, quelli che rinforzano il corpo e rincuorano lo spirito.
Ecco alcuni indirizzi dove poter sostare per gustare tutti i piaceri del Chianti, sia per una vacanza all’insegna della salute sia per una degustazione tecnica incorniciata dalla natura. Famiglie fiere di condividere saperi e sapori vi accoglieranno in un’intima convivialità fatta di ottimo pane e olio, vellutate ribollite, succulente fiorentine e suadenti cantucci con Vin santo. Naturalmente il tutto condito da una buona compagnia, perché il Chianti è anche sinonimo di schietta allegria.
In piazza della Sala, nel cuore storico di Pistoia, questa piccola osteria ricrea un’atmosfera davvero originale, in un ambiente tipicamente toscano. Semplicità e grande senso dell’accoglienza caratterizzano ogni spazio e l’estro dei proprietari aggiunge quel tocco impagabile di giovane familiarità. L’esposizione e la vendita dei prodotti locali ha un ruolo privilegiato: dai formaggi ai salumi, dai vini all’olio. Ma è la tavola a conquistare l’ospite, con le migliori ricette toscane e gli allegri vini.
Prende il nome dall’omonimo borgo appollaiato sulle colline di Scandicci, a sud ovest di Firenze: una villa cinquecentesca immersa in duecento ettari di terreni, tra vigneti di Sangiovese, Colorino, Merlot, Cabernet e Sauvignon, uliveti e seminativo. Il rispetto per l’equilibrio naturale dell’ambiente fa dei prodotti della Fattoria un’eccellenza biologica apprezzata anche all’estero. Allevamenti di suini di razza Cinta senese, bovini di razza Angus e Chianina e galline, produzione di olio extravergine d’oliva e vino, di miele e zafferano, fino al Vin santo: qui tutto nasce dall’amore per la terra. Notevole una degustazione in compagnia degli affabili padroni di casa: dall’extravergine Laudemio su pane abbrustolito, a una verticale di Chianti abbinato a salumi e formaggi, fino a un sensualissimo Vin santo con cantucci e castagne.
E' una delle più antiche fattorie della zona, custodita da una deliziosa chiesa romanica del IX secolo che scruta l’orizzonte fino alle torri di San Gimignano. Da tre generazioni la Famiglia Cappelli si dedica con passione alla Fattoria cercando di creare un luogo irripetibile, nel rispetto della tradizione e del territorio che la accoglie. La Fattoria produce una vasta gamma di Chianti, tutti eleganti e particolarmente raffinati anche nell’etichettatura, oltre a olio extravergine, grappa e Vin santo. Otto appartamenti sono a disposizione degli ospiti che desiderino condividere il piacere di sentirsi a casa anche lontano da casa, magari alternando a una degustazione verticale una piacevole caccia al tartufo guidata, con tanto di cane al guinzaglio.
Azienda Bindi Sergardi http://www.bindisergardi.it/
Varcare l’ingresso di Casa Bindi Sergardi, nel suggestivo borgo medievale di Monteriggioni (SI), significa calarsi nella storia millenaria di una famiglia fiera del suo passato e proiettata verso un altrettanto florido futuro. Il presente è fatto da un’Azienda solida come la trama famigliare che la tesse: l’attuale proprietario Nicolò Casini insieme alla simpaticissima moglie e ai figli, tra cui la brava Alessandra, eredita e alimenta una tradizione che risale al 1349. Le sue parole raccontano meglio di ogni descrizione l’anima dell’Azienda: “Oggi i miei figli lavorano con me e questo miscuglio di sangue e di terra mi fa sentire eterno.
E ‘una sensazione straordinaria che desidero condividere con chi si avvicina ai nostri vini.” L’ospitalità della Famiglia Bindi Sergardi, con le tagliatelle fatte a mano, lo sformatino di zucca, l’immancabile pane e olio e molto altro ancora, fa da controcanto a una degustazione di vini Chianti schietti e sinceri, proprio come i loro sorrisi.
Cantina Pietraserena http://www.awf2000.com/
Verso la metà degli anni 60, la famiglia ligure Arrigoni arriva a San Gimignano (SI) e oggi, con i suoi quaranta ettari di terreno, rappresenta un’impresa di spicco sia per il mercato italiano che estero. Quattro generazioni hanno affidato speranze, attese e forza di volontà alla realizzazione di un progetto che ora è realtà. Forte di un terreno generoso per ubicazione, esposizione al sole e composizione del suolo, l’Azienda propone un ottimo olio extravergine spremuto direttamente a freddo nel frantoio interno, oltre a un’ampia gamma di Chianti e alla classica Vernaccia di San Gimignano. L’Azienda è fedele alla semplicità della tradizione ma vanta l’apertura al mercato enoico internazionale più difficile, quello cinese.
Fattoria La Gigliola http://www.lagigliola.it/
La Famiglia Piazzini ha sposato tradizione e innovazione, rendendo la Residenza La Gigliola un vero e proprio nido accogliente e appetitoso. Trecento ettari di terreno, tra uliveti e vigneti, si srotolano attorno a Monterspertoli (FI) e, insieme a boschi di querce, cipressi e pini, incorniciano la Villa come dentro un quadro. Circa 50 stanze, ognuna con una propria personalità, invitano gli ospiti ad assaporare il silenzio e il profumo della natura. A loro disposizione anche piscina e campo da tennis. A tavola, accanto a un bel camino caldo, sono i prodotti della terra a conquistare: dall’olio extravergine d’oliva al ventaglio di vini, frutto della sapiente lavorazione di Sangiovese, Canaiolo, Merlot, Cabernet e Syrah per i rossi, Trebbiano, Malvasia e Chardonay, per i bianchi. La simpatia della signora Anna e del figlio Paolo è un altro buon motivo per far visita alla Fattoria La Gigliola e aggiungere un tocco di poesia in più a una vacanza indimenticabile.

venerdì 15 novembre 2013

IL VINO ITALIANO SOSTENIBILE SI CERTIFICA CON “MAGIS”




La Sala Stella Polare del Centro Congressi a Fiera Milano Rho è gremita. L’appuntamento del 14 novembre è con Magis, progetto di ecosostenibilità firmato Bayer CropScience. In occasione del convegno “Il vino italiano sostenibile si certifica con Magis”, Bayer CropScience Italia, riceve la certificazione dall’ente terzo indipendente DNV Business Assurance. Questa è una delle tappe fondamentali di un progetto in costante divenire. Magis nasce 5 anni fa e da allora ha arruolato circa 150 aziende vitivinicole italiane.
Un parterre d’ospiti d’eccezione per raccontare cos’è Magis, cosa significa Sostenibilità e qual è il ruolo della Comunicazione: Domenico Zonin, Unione Italiana Vini; Attilio Scienza, Università Statale di Milano; Emilio Defilippi, Assoenologi; Massimo Berlin, DNV Business Assurance in Italia; Silvio Cittar, Bayer CropScience; Enrico Giraudi, J. Walter Thomson. L’incontro, condotto dalla brava Anna Scafuri, giornalista RAI, è culminato con la consegna delle prime certificazioni Magis da parte di Roberto Rabachino, Associazione Stampa Agroalimentare.
Cos’è Magis. Il progetto nasce da una domanda: cosa chiedono i consumatori italiani? Chiedono trasparenza nel bicchiere, per gustare con fiducia la piacevolezza del vino. Magis certifica un modo di fare fondato su principi di sostenibilità: il rispetto per la Terra e per il consumatore; il “fare sempre meglio” come vocazione e modello etico; una profonda e dettagliata conoscenza del processo produttivo e della materia prima. Da oggi, per chi acquisterà una bottiglia di questi vini, Magis si tradurrà in una garanzia di trasparenza e credibilità, grazie al coinvolgimento di un Comitato tecnico-scientifico presieduto da Attilio Scienza, padre ideale di Magis. Il protocollo Magis fornisce dunque una guida pratica per la gestione sostenibile del vigneto e sarà costantemente aggiornato per adeguarsi alle necessità di ogni regione, biodiversità e cambiamenti climatici. Quattordici aziende vitivinicole italiane ricevono la certificazione Magis e altre cinque la riceveranno a breve: i loro vini potranno così utilizzare il marchio Magis sulle bottiglie. La certificazione è anche un passaporto per sostenere con fierezza le dinamiche del mercato globale.
Cosa significa Sostenibilità. Crescere assieme e fare sempre meglio: questo è Sostenibilità.  L’agricoltura sostenibile fa solo quel che serve, dove e quando serve, rispettando la salute del suolo e del vigneto. Questo non significa “biologico” ma “fare” con un equilibrato senso della misura senza abusare del potere dell’uomo sulla Natura. Il suolo è complesso e anche un piccolo vigneto va capito affinché produca un vino di qualità senza sacrifici. Magis stimola l’attenzione dei viticoltori al linguaggio del terroir, affinché un’autodiagnosi sia il primo passo per una viticoltura sostenibile. Il concetto di sostenibilità è pertanto destinato a diventare “normalità” di un processo che riguarda tutta la filiera. Solo così è possibile “degustare con piacere un bicchiere di vino ad occhi chiusi”, con fiducia e consapevolezza.
Il ruolo della Comunicazione. Per poter degustare ad occhi chiusi occorre “fare aprire gli occhi ai consumatori”. Così Roberto Rabachino sintetizza il ruolo della Comunicazione. L’informazione deve accompagnare il progetto per educare e infondere fiducia. Dentro ogni bicchiere di vino c’è sempre il sacrificio di donne e uomini, la comunicazione deve servire anche a raccontare questo, da qui l’importanza di un’etichetta che garantisca Sostenibilità. Il logo Magis è sintesi eloquente del progetto: linee e colori evocano la naturale conformazione dei vigneti italiani, con una semplicità che infonde fiducia.
Al termine della conferenza, dopo la consegna delle certificazioni alle aziende vinicole, la parola passa all’Amministratore Delegato di Bayer CropScience Italia, Karina von Detten:
Sono orgogliosa di ricevere oggi questo riconoscimento che va a tutti i nostri collaboratori perché hanno creduto e attivamente sostenuto la crescita di un progetto che, con la certificazione dei primi vini, è destinato a diventare un emblema della sostenibilità e del “fare di più, sempre meglio” come vocazione e modello etico di riferimento.

martedì 12 novembre 2013

UN TUFFO NEL CIELO STELLATO DI VENEZIA


Da roccaforte industriale a gioiello architettonico della Giudecca, l’Hotel Hilton Molino Stucky Venice trasforma la storia in arte e la tradizione in eleganza



“Venezia, metà donna, metà pesce, è una sirena che si disfà di una palude dell'Adriatico.”
Così scriveva, con tocco immaginifico, Jean Cocteau nel ‘37. Questo simbiotico intreccio tra creatura femminea e acquatica nasce non solo dalla naturale compenetrazione di Venezia con il mare ma anche dalla fisionomia geografica: visto dall’alto, il profilo lagunare somiglia infatti a quello di un pesce. Ne emerge una Sirena che, con seducente sensualità, innamora il viandante di passaggio. L’acqua è l’anima di Venezia, le scivola dentro e la circonda, come a volerla abbracciare e proteggere, strappandola e donandola al tempo stesso alla terra. La città è un labirinto di corridoi e salotti, dove si cammina sempre dentro senza essere mai veramente fuori. Il gioco di calli, campi e campielli prende per mano, e forse anche un po’ in giro, come fosse sempre carnevale. Uno degli argomenti più attraenti di Venezia è lo sposalizio tra arte e storia che invita il turista al piacere non solo estetico ed estatico ma anche culturale e intellettuale. La chiese e i palazzi affacciati sui canali raccontano infatti secoli di avventure, conquiste e vittorie, rendendo Venezia la Sirena più attraente del Mondo.

L’isola della Giudecca e l’antico Mulino
Uno degli storici palazzi veneziani era, in origine, un magnifico mulino per macinare il grano. Oggi è l’Hotel Hilton Molino Stucky Venice che, con il suo glorioso passato, valorizza la bella Isola della Giudecca, la più grande della città lagunare. “Giudecca”, in dialetto istriano, indicherebbe il mestiere di conciare le pelli ma il termine rimanda anche al concetto di “giudicato”, sentenza con cui nel IX secolo la Repubblica attribuiva i terreni a nobili esiliati.
Storicamente la Giudecca fu sede di conventi e oasi di villeggiatura della nobiltà veneziana. Fulcro di un vivace fermento culturale, l’Isola fu anche palcoscenico di molti eventi mondani animati da personaggi eccentrici come Giacomo Casanova, Wolfgang Goethe e Lord Byron. Con l’avvento dello sviluppo industriale, la Giudecca venne colonizzata dalla famiglia Stucky con i suoi ambiziosi progetti industriali, tra cui il Molino con il suo pastificio.
Oggi, grazie al “Progetto Giudecca”, l’isola è un simbolo non solo culturale ma anche architettonico, grazie alla saggia reinterpretazione del passato armonizzato con il presente.

L’Hotel Hilton Molino Stucky Venice
E’ il gioiello dell’isola. Il primo progetto del Molino risale al 1884 per volontà dell’industriale svizzero Giovanni Stucky. Dopo numerosi e successivi ampliamenti, il pastificio famoso per la Superpasta Stucky, raggiunse 30.000 mq di superficie con una produzione di 50 tonnellate di farina al giorno, dando un contributo decisivo all’economia di Venezia. Con i conflitti mondiali e l’incalzare della concorrenza, il Molino s’è avviato al declino fino alla cessazione dell’attività fino a che il Ministero per i Beni Culturali non l’ha resuscitato in un maestoso complesso alberghiero.
L’attuale Hotel cinque stelle, inaugurato nel giugno del 2007, è frutto del sapiente restauro di 13 edifici dell’antico Molino di cui conserva negli arredi interni suggestive tracce. Questo moderno capolavoro veneziano, simbolo della città lagunare, coniuga mirabilmente intimità e spazio, boiserie e luminosità, un’armonia architettonica che culmina nella torre neogotica a due passi dal cielo. Pur essendo un’oasi di pace, l’Hotel è raggiungibile in soli 30 minuti di barca dall’aeroporto Marco Polo e 15 dalla stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia, ed è vicinissimo alle vetrerie di Murano.
L’Hotel Molino Stucky Venice offre 379 camere di diverse tipologie in un crescendo di eleganza: dalle Guest Room alle Junior Suite, fino alle 5 Tower Suite. Il top è rappresentato dalla Presidential Suite, alla sommità della torre, una vera nicchia di lusso con accesso privato, che accoglie le opere pittoriche dell’artista Marco Nereo Rotelli.
L’Hotel vanta il più ampio e moderno centro congressi di Venezia che, con una superficie complessiva di 2.600 mq, gli ha valso due premi per miglior Conference Hotel in Europa e in Italia. Un’invitante piscina all’ultimo piano e un centro Spa completano l’accoglienza, insieme naturalmente ai 5 Ristoranti e Bar: Aromi, Il Molino, Bacaromi, Rialto Bar & Lounge,
SkyLunch Pool Restaurant e l’imperdibile Skyline Rooftop Bar, all’ottavo piano. Lo Skyline è uno dei locali più cool d’Italia, premiato dal Gambero Rosso tra i Migliori Bar del nostro Paese. Attrattiva del locale, oltre al cielo stellato che nei notturni veneziani fa da contraltare alle luci della laguna, sono i cocktail del barman Riccardo Semeria, reduce di una lunga esperienza nei locali più eleganti del mondo. Altra chicca dell’Hotel è la Piazzetta Nutella, uno spazio gourmet allestito in un arioso campiello, dedicata alla crema spalmabile più amata al mondo.
Uno dei segreti del crescente successo dell’Hilton Molino Stucky Venice è senza dubbio la sua gestione. Il General Manager Alessandro Cabella, al rigore di un’oculata gestione dal respiro internazionale, sposa grande sensibilità e rispetto per le persone che con lui collaborano. Quest’armonia di squadra fa dell’Hotel una grande famiglia e infonde all’ospitalità un particolare calore, apprezzato sia dai turisti stranieri sia da quelli italiani. In vista del nuovo anno e dell’Expo 2015, la Direzione ha in programma nuove ambiziose sfide per far sì che l’Hilton Molino Stucky Venice brilli di stelle sempre più lucenti.



Il Ristorante Bacaromi
Il “bàcaro” è la tipica osteria veneziana dove, anticamente, si consumavano semplici spuntini insieme a un calice di buon vino (la cosiddetta”ombra”, dall’abitudine di seguire l'ombra del campanile per proteggere il vino dal sole, quando ci si riuniva nei campielli).
Il Ristorante Bacaromi dell’Hotel Hilton Molino Stucky Venice, con un design contemporaneo dall’appeal accattivante, interpreta quest’antica tradizione. La cena, servita anche sulla terrazza, ripercorre i sapori tipici della cucina veneziana, con una scelta attenta delle più gustose proposte gastronomiche locali. E’ questo il concept innovativo del Bacaromi: la Cicchetteria Veneziana che attrae non solo i numerosi ospiti stranieri ma anche i veneziani fedeli ai sapori autentici.
L’atmosfera accogliente del Bacaromi abbraccia non appena varcata la soglia. Gli arredi e le decorazioni vintage si armonizzano con il pavimento mosaicato e ogni dettaglio pare narrare la storia della Venezia che fu. Il tutto presentato all’insegna del glamour e della modernità: i tavoli e le sedie sono del noto architetto Paolo Lucchetta, mentre i cicchetti sono opera dell’Executive Chef Ivan Catenacci, regista di un repertorio gastronomico che stupisce e appaga dall’inizio alla fine. Anche oggi, come un tempo, l’ombra – ovvero il vino - è protagonista al Bacaromi e ogni etichetta proviene rigorosamente dal Triveneto, imbottigliata direttamente dalla damigiana. I cinque cicchetti tipici e i piatti creati dall’Executive Chef compongono il menù rilegato in sughero, scritto in dialetto veneziano e in lingua inglese, menù che giostra dal Fritto Misto alla Pasta e Fasoi.
“L’apertura del Bacaromi è un’ulteriore testimonianza del nostro impegno a rivisitare l’offerta food&beverage del nostro Hotel, nel segno della gastronomia e del design contemporaneo” - sottolinea con soddisfazione il General Manager Alessandro Cabella - “Partendo dalla base della tradizione, ci divertiamo a reinventarla, proponendo piatti classici della cucina locale ed esaltando i prodotti della nostra terra.”

lunedì 4 novembre 2013

venerdì 1 novembre 2013

LIBERO OLIO IN LIBERO STATO


Libera riflessione di una libera consumatrice di libri e di Olio



Ogni volta che mi appresto a leggere un testo di Luigi Caricato mi predispongo a uno stato di psicologico benessere. So già che, sin dalle prime pagine, non solo imparerò qualcosa di nuovo ma parteciperò anche di quel modo appassionato e seducente che contraddistingue il suo stile letterario.
Da amante profana dell’Olio, anche questa volta leggendo “Libero Olio in libero Stato” ho imparato molto. Per esempio, che si può raccontare la millenaria storia dell’Olio con la stessa fluida leggerezza propria di quel filo di succo da olive che scorre sul piatto: quella fluida leggerezza che somiglia alla poesia, alla musica, alla femminilità. Si può imparare con piacere come e perché, nei secoli, l’Olio sia diventato definitivamente “democratico”, passando da prodotto pregiato riservato a pochissimi ad alimento pienamente fruibile a chiunque lo desideri. Perché, poesia a parte, oggi l’Olio da olive non rappresenta semplicemente un cibo ma anche un potente strumento sociale ed economico, avendo radunato intorno alla medesima categoria merceologica tutte le classi sociali.
Da lettrice e consumatrice, ho anche capito perché a questo processo di democratizzazione si debba affiancare un costante impegno sinergico verso una qualità sempre più ambiziosa (da parte di chi produce), insieme a un senso di consapevolezza sempre più diffuso (da parte di chi consuma).
Paradossalmente, come spiega Caricato, l’olio da olive è un prodotto semplice, immediato, lineare. E la semplicità è spesso difficile da spiegare. Tuttavia, un fatto diventa chiaro dopo aver letto il libro: che se dall’esterno il mondo dell’Olio si presenta composto e avvolto da una calma apparente, in realtà è perennemente agitato da correnti e controcorrenti che minano, a volte, obiettivi comuni di successo.
Qui entra in gioco l’accalorata passione con cui Caricato denuncia una realtà italiana tentacolare, di cui politica e sindacalismo sarebbero responsabili attraverso infestanti intrusioni in un mondo agricolo già osteggiato da vicini molto competitivi. Denuncia che si pone tuttavia come punto di partenza e non d’arrivo, quale spunto di confronto per un sano dialogo costruttivo nel bene dell’Olio.
E allora capisco anche il perché di questo titolo “Libero Olio in libero Stato”: l’allusione alla storica concezione separatista potrebbe oggi estendersi anche alla separazione tra Olio e Stato, restituendo così al succo da olive quella semplicità, immediatezza e linearità che lo rendono ciò che essenzialmente è: un concentrato di salute e piacere.
E siccome nei suoi scritti, oltre all’informazione e alla passione, Caricato aggiunge sempre un tocco di originalità, ho apprezzato molto le note a fondo di ogni capitolo. Sì, proprio quelle che di solito uno non legge, che invece in questo Pamphlet sono piacevoli oltre che utili. Ogni nota è un consiglio di lettura, un link ad altri testi eloquenti e coerenti col tema trattato. In particolare, l’ultima nota al termine del “Manifesto per il risorgimento dell’olio italiano”, la dice lunga e con queste parole dell’autore, con cui mi trovo perfettamente d’accordo, consegno a voi la lettura di questo libro:
“Consiglio: leggete e diffondete questo libello, nel nome dell’olio da olive e di quanti ci mettono l’anima nel proprio lavoro, pur di offrire un olio “democratico”, destinato a tutti e a beneficio di tutti, senza distinzione alcuna di razza, sesso, religione o ideologia…”

mercoledì 30 ottobre 2013

Chambéry, un viaggio nella storia bighellonando tra les allées



Il volto della natura
Decantata da Rousseau, Stendhal e Lamartine, l’ex capitale del Regno di Savoia pare sbocciare dalla storia senza accusare segni di vecchiaia. Grazie a sapienti restauri, Chambéry restituisce il passato al futuro e, avvolgendo il turista in un mite afflato romantico, lo conduce lentamente alla scoperta dei suoi anfratti giocosi di vita. A Chambéry, infatti, la storia scorre come linfa attraverso le viuzze, les allées, che come per magia si fanno beffa del tempo e  sboccano trionfanti nel palpitante presente. La sensazione è che cultura e natura stringano una complice alleanza, prendendo sottobraccio francesi e piemontesi in un sottofondo inevitabilmente affine.
Qui la bellezza delle Alpi sembra prendersi cura di quella della città. “L’uomo è nato libero ma ovunque è in catene” confessava Rousseau che sulle colline alle porte di Chambéry, a Les Charmettes, respirava quel raro sapore di libertà tanto anelato. Per questo, tra il 1736 e il 1742, il filosofo scelse di abitare qui con la sua ispiratrice, Madame de Warens. E questa sensazione di libertà, di intimo dialogo con l’ambiente, è tuttora evocata dalla presenza di una natura esuberante eppure quieta. La Regione è, infatti, meta prediletta degli amanti dello sci, del kayak, delle passeggiate a piedi o in bici e dei filosofi nostalgici come Rousseau. I Parchi di Bauges e Chartreuse, insieme al grande lago naturale Bourget e al più piccolo di Aiguebelette, incastonano la città in una cornice da fiaba custodendo intatto il suo cuore storico.
Il volto del passato
Lo sviluppo architettonico e cronologico della città ruota attorno alla roccaforte dei sovrani di Chambéry. Ancora oggi il castello dell’XI Secolo rappresenta un motivo di attrazione ineguagliabile e tra le sue mura, nella Santa Cappella, è conservata una copia dell’enigmatico telo della Sacra Sindone che vela di mistico fascino l’intero luogo. Il Castello, tradizionalmente forte di difesa e residenza prediletta dei Savoia, è oggi sede dell’Amministrazione comunale, rinato a nuova vita dopo mille vicissitudini e nefasti incendi.
Per conoscere meglio i trascorsi della città, si può visitare il Museo della Savoia, situato in piazza Lannoy de Bissy, nei locali dell'ex monastero francescano. Vi si può accedere direttamente alla Cattedrale, imperdibile per i suoi 6000 metri quadri di trompe-l'œil e per i suoi labirinti pavimentali. Per raggiungerla si percorrono pittoresche vie dal sapore antico, come Rue Sainte Apollonie, dove nel Medioevo c'era un forno per il pane e un hospitale dotato di una cappella. Durante la Rivoluzione la via fu ribattezzata Rue de l'Equerre, come a voler dare un nuovo volto alla città sull’onda della svolta culturale. Da una via antica se ne imbocca una moderna, che sullo sfondo lascia intravedere la curiosa Fontana degli Elefanti, (detta degli elefanti senza ‘sedere’, perché mostrano solo la testa) con una colonna portante che simboleggia un tronco di palma in omaggio alle colonne papiriformi egizie. L’opera fu costruita dallo scultore Sappey nel 1838 per celebrare le imprese del conte Benoit de Boigne, grande benefattore di Chambéry nella seconda metà del ‘700, molto caro agli abitanti ancora oggi.
Il volto del presente
L’architettura più recente di Chambéry non è tuttavia meno affascinante.
Maestoso è il Carillon installato nel 1993 nella Torre Yolande accanto alla Santa Cappella del Castello che, seppur invisibile, con le sue 70 campane è la più grande orchestra di bronzo di tutta la Francia. Altro vanto architettonico dei nostri tempi è il Quartiere Curial, con l’Espace Malraux-Scène Nationale dell’architetto ticinese Botta, la Mediateca Jean-Jacques Rousseau di Galfetti e le Manege, il Centro Congressi reinterpretato da Morrisseau. Questa rivisitazione dell’urbanistica medievale non inibisce il fascino storico della città, anzi lo esalta in un contrasto di forme e stili insolitamente armonico. E altrettanta sensibilità è dedicata al rispetto ecologico: Chambéry, infatti, è stata tra le prime cittadine francesi a promuovere le zone pedonali, oltre a dedicare spazi sotterranei ai parcheggi per non violentare l’arte e la natura. Questo la rende particolarmente accogliente anche per i tanti giovani che da tutta Europa ogni anno si riversano qui, nelle sue prestigiose Università.
Il famoso Mercato, Les Halles, è probabilmente tra le opere recenti più attrattive, non solo in virtù della struttura ariosa in perfetta sintonia con la città ma anche per ciò che contiene e offre. Ogni giorno è un tripudio di formaggi, salumi, ortaggi, crostacei, vini e dolci delizie ma è il sabato che il Mercato dà il meglio di sé espandendosi con appetitosi tentacoli anche all’esterno, lungo le strade.
Chambéry a tavola
A proposito di cibi, prodotti genuini e ricette originali, forse non tutti sanno che il nome “Chambéry” deriva da “chambero” che in francoprovenzale significa “astice”. Questo perché l’antico borgo, in origine, poggiava su ampie paludi che pullulavano di piccoli crostacei, sicuramente molto appetibili.
Oggi i piatti tipici della Savoia, e di Chambéry in particolare, puntano su ingredienti piuttosto sostanziosi, ricchi di proteine e farinacei, adatti alla vita dinamica che le Alpi naturalmente inducono. Inoltre, molte preparazioni echeggiano quelle tradizionali piemontesi, con evidenti parentele gastronomiche.
Un buon pasto deve cominciare e terminare con un distillato delle due Aziende centenarie della Regione, Dolin e Routin, che perpetuano le specialità più note: il Vermouth di Chambéry, il Génépi e la Chambéryzette. La tradizione molitoria è molto ancorata qui e i crozets, pasta preparata con farina bianca, grano saraceno e uova, sopravvivono al passato continuando a ingolosire, insieme ai tallerin e alla polenta. La salagione dei salumi è un’altra tradizione immortale che continua a produrre pregiati prosciutti e salsicce secche, naturali, affumicate, alle nocciole, ai mirtilli o al Beaufort. Sui formaggi bisognerebbe aprire un sipario a parte perché sono protagonisti di un  teatro gastronomico davvero ampio e ineccepibile: dal Farou al Colombier des Aillon, dal Chevrotin alla Tomme de Savoi, la varietà olfattiva e gustativa è straordinaria, così come gli abbinamenti ai vini locali. Anch’essi meriterebbero un palcoscenico a parte: dalla Rosette de Savoie al Crépy al Seyssel, 22 Cru e una ventina di vitigni tra cui i celebri bianchi Jacquère e Altesse e il celebre rosso la Mondeuse. Al commensale il piacere di azzardare abbinamenti con carni bianche, di cacciagione, con il Fois Gras, oppure con i dolci salmerini del lago di Bourget, davvero ottimi. Infine, i dessert per accontentare tutti: dai famosi Truffles (i tartufi di cioccolato inventati nel 1895 da un pasticcere di Chambéry, Louis Doufour) alla Rioute (ciambellina dolce-salata da inzuppare nel vino bianco), dal Dolce di Savoia (specie di meringa a base di albumi, zucchero e farina) al Saint Genix (dolce pralinato dei Duchi di Savoia confezionato in carta rossa e bianca, i colori del Ducato). 
E se ciò non bastasse a stuzzicare l’appetito, non resta che fare una visita ai ristoranti e ai bistrot della città. Il viaggio, oltretutto, è comodo e veloce approfittando del collegamento ferroviario Alta Velocità Milano - Torino - Lione, un ponte teso tra due culture in stretto dialogo tra loro.