mercoledì 26 settembre 2012

Epistolario a luci quasi rosse



Carissima,
non so perché ti scrivo, o forse sì, ma sta a te capirlo ché troppo difficile sarebbe per me spiegarlo.
Sai bene che il tratto distintivo del mio carattere è in primo luogo l’orgoglio... sì, quel maledetto orgoglio che mi ha portato giorni fa a inalberarmi e poi a deprimermi quando t’è scappato di dirmi che... be' che molti altri erano meglio... anzi molto meglio di me. Hai colpito il mio orgoglio come mai mi era capitato nella mia vita! Io so di essere un duro, molto duro e talvolta perfino violento ma sai anche che dopo so diventare morbido, cedevole nelle tue mani e perfino... piangente. Una volta mi hai accusato di essere molto spesso rigido, troppo rigido, soprattutto quando vengo a casa tua... così calda e accogliente. Oh, la tua casetta rosa con quel prato tutto rasato davanti... io l’adoro e vorrei non uscirne mai. E’ lì che mi sento a mio agio e ti sento mia, dolce, appassionata, quasi... verginale, e godo delle tue labbra che si aprono a me tra  dolci sospiri. “Vieni!..Vieni!”  mi dici spesso e io corro e mi affanno per piacerti e sentirmi unico tra tanti. Pazza idea davvero... quasi un’illusione... che però è bello vivere senza troppe pippe al cervello ma al posto giusto. Vorrei che tu apprezzassi soprattutto i miei momenti di debolezza, quando dopo - hai notato - divento molle, quasi esangue eppure capace di vibrare ancora ad ogni tua carezza. Quello è il momento migliore per capire quanto ti amo, il momento in cui non sono più inalberato e la mia durezza è andata a farsi fottere, distrutta, sconfitta al tepore della tua casa calda e accogliente. So, purtroppo, che un giorno quella casa non sarà più mia. Che altri, migliori di me, coloreranno la tua vita come la coloravano una volta ma io spero che il  mio ricordo rimarrà indelebile in qualche parte della casa... magari nel tinello... o nel bagno con la finestra semiaperta per consentire ad ogni “guardone” delle vicinanze di vedere che non sono più io a stare con te. E qualcuno si chiederà come mai questo possa essere accaduto e commenterà: “Sì, era un duro, talvolta anche violento... ma sapeva essere così tenero dopo... Be', rassegniamoci e vediamo quest’altro come se la cava. L’importante è che ci sia lei!”. Sento anche qualcun altro, magari le mogli di costoro, dire: “Finalmente lei lo ha liquidato, quell’essere duro e prepotente che aveva approfittato di lei quando era ancora piccola e intatta. E’ colpa sua se lei,  da grande,  si è concessa a tutti in quel modo... che vergogna!”
Ma intanto io sono ancora qui, col mio orgoglio ferito ma il desiderio intatto, anzi cresciuto. Con la mia sicurezza e la mia durezza, con la mia timidezza e la mia mollezza. Ti prego tienimi tra le tue mani e invitami più volte che puoi nella tua calda casa ... ci sto così bene che vorrei impararla a memoria per quando la sua porta non si aprirà più per me!
Con affetto e desiderio
il tuo affettuoso e fedele

Mr.C


Carissimo,
desidero risponderti e mi scuso immediatamente, perché ammetto di non aver saputo tenere a freno la lingua quel giorno. Mi conosci a fondo ormai e sai che sono per natura istintiva e un pochino volubile ma, mio Caro, sai bene anche che uno dei tratti distintivi del mio carattere è l’umiltà, tanto che spesso sono io stessa a chiedere di essere punita! Ebbene, lascia che io ti chieda umilmente scusa, ora, per quella “cosa” che mi è scappata involontariamente fuori quel maledetto giorno. Perdonami davvero ma, vedi, tu mi inviti sempre a sentirmi libera, a seguire i miei stimoli, a non trattenere  quel fiume spumeggiante che sgorga dalle mie fantasie, e ti ringrazio per questo, perché sei molto generoso ad incoraggiarmi a lasciarmi andare. E così, quella volta, con poco tatto – lo ammetto – mi sono espressa in maniera esagerata e ho colpito il tuo orgoglio, che non avevo visto mai ritirarsi così in fretta, tanto che ci sono proprio rimasta male. Ma Caro, ti giuro, non intendevo offenderti! Io amo il tuo orgoglio, lo sai, perché ti rende esattamente come ti vorrei: duro, tenace, resistente! Sì, Caro, io adoro la tua forza, la tua prepotenza, addirittura la tua violenza, quando entri in casa mia, irruento, deciso, sbattendo la porta senza nemmeno chiedere il permesso. E mi piace quando non te ne vuoi più andare, quando non vuoi uscire al freddo e io ti imploro: “Ti prego, resta dentro, non uscire …!” e tu calmo, paziente resti lì a guardarti attorno, come fosse la prima volta che vieni da me! Ed è per te che preparo con cura tutti i giorni il praticello davanti casa, ben rasato e irrigato, lo bagno sempre sai? e lavo bene l’ingresso con delicatezza in ogni suo angolo, addirittura profumo anche il retro, non si sa mai ti venisse in mente di passare di là. E’ un po’ scomodo, è vero, ma so che a te piace farmi le sorprese, perché sai come mi fanno esplodere di gioia. Ecco, vedi Caro, la mia casetta rosa è pronta ad accoglierti anche oggi, come sempre e per sempre. Perché sarebbe vuota ormai senza di te, senza la tua martellante presenza che la riscalda, senza le tue carezze che scivolano sulle pareti, sul soffitto, lasciando un velo del tuo profumo dappertutto. E anche se mi senti versare delle lacrime, oh… non ti devi preoccupare! Sono lacrime di gioia quelle, credimi, sai che non so fingere, anzi mi piace così tanto piangere con te che spesso ti imploro: “Ancora! Ancora!” … lo sai. Perciò, mio Caro, non farti troppe pippe al cervello, non fartene proprio per niente, piuttosto vieni, vieni a farmi visita tutte le volte che vuoi. La porta di casa mia sarà sempre spalancata per te e solo per te, questa è una promessa, finché tu avrai voglia di riempirla con il tuo calore. E dopo… oh… dopo riposeremo insieme, tu esangue, rilassato e io morbida e sciolta. Tutti e due in un lago di pace! Fino a che non ti rialzerai e con un bacio mi risveglierai. E semmai in futuro dovesse scapparmi ancora qualcosa di brutto, ti prego, sentiti libero di tapparmi la bocca, così imparo!
Ora, mio Caro, vieni qui, davanti a me. Ecco, alzati in piedi così, bravo! Come ti ergi imponente, sei bellissimo! Fatti guardare, fatti toccare, fatti baciare. La porta di casa mia è già aperta, presto scappa dentro! E se vuoi punirmi ora … FALLO, ti prego!
Con amore e desiderio
La tua affettuosa e fedele

Miss. F.

Scrivo, dunque sono



Forse ho una visione troppo romantica dello scrittore. Mi piace pensare, infatti, che chi scrive per passione – e non per dovere d’informazione - risponda innanzitutto a un bisogno viscerale, prima che mentale. Il bisogno di creare un mondo su misura, in cui poter vivere e non solo sopravvivere.
Un mondo che quasi mai corrisponde a quello offerto con la nascita, con la scuola, con le amicizie, con l’amore, con la religione. No, tutto questo non basta, evidentemente. Attraverso le parole, chi scrive architetta un mondo nuovo che si nutre e si abbevera di sentimenti esterni, perché lo strumento principe dello scrittore sono i sensi che si fanno pensiero. Ma poi, varcata la soglia di questo microcosmo alternativo, impalpabile ed esclusivo, i sentimenti si rimescolano secondo una logica nuova, che parla il linguaggio dell’anima, con una grammatica che si forma mano a mano che viene pensata.
Ecco, a mio modo di sentire, scrivere consente di inventare questo universo in cui ci si può reinventare seguendo la propria natura a dispetto delle imposizioni, dei confini, delle regole, degli stop, dei sensi vietati e dei semafori rossi, creandosi e ricreandosi all’infinito. E quando le parole saranno esaurite, se mai esauriranno, se ne inventeranno di nuove, così come si alimenta il vigore del fuoco soffiando sull'esile fiammella della brace. Perché immenso è il potere delle parole.
E’ sorprendente, oltretutto, notare come si possa scrivere bene quando si pensa di non essere letti, magari tenendo un caro vecchio Diario nella penombra della propria camera da letto. Musica soffusa, la luce calda di un’abat-jour e gli occhi trasognati in una languida solitudine che induce alla creatività espressiva più trasgressiva. E’ un po’ come concedersi un casto spogliarello e camminare nudi per strada senza inutili fardelli né falsi pudori, esibendo non la sensualità del corpo ma la naturalezza dell’anima.
Tuttavia, esiste anche tutto un mondo esteriore che s’affaccia su quello interiore, specchiandosi in un inevitabile reciproco contagio. E’ impossibile ignorare il pubblico che spia dietro questo foglio di vetro idealmente posto tra interiorità e esteriorità. Dunque, abbandonando per un istante questa mia incantata immagine dello scrittore, mi domando se esiste ancora qualcuno, oggi, che dedica la scrittura semplicemente a se stesso, affidando per esempio i propri pensieri alle pagine di un Diario segreto. Temo di no. Purtroppo, la vanità e l’impellenza a condividere puntualmente le parole con un pubblico sempre più sconfinato è ormai una droga diffusa che se da un lato eccita il nostro piacere narcisistico, dall’altro mortifica il gusto delicato dell’intimità, del pudore, o semplicemente dell’attesa. E’ una droga subdola, questa, che spesso costringe la scrittura a mascherarsi, a truccarsi, a ornarsi di un eccesso di fronzoli, trasformando i piccoli, grandi scrittori in baldanzosi attori. Ormai sembra che le parole scritte non abbiano alcun valore se non vengono seminate e condivise con migliaia di lettori, tanto che il principio cartesiano “penso, dunque sono” potrebbe essere sostituito con “scrivo, dunque sono” o, meglio ancora, con “pubblico, dunque sono.” Insomma, l’importante è far sapere al mondo che esistiamo attraverso i nostri pensieri scritti e veicolati, con la segreta speranza di fecondare i cuori e contagiare le menti di chi legge.
Eccoci qui dunque anche oggi, agghindati di belle parole, a sfilare come tanti eccentrici esibizionisti a caccia d’applausi e d’entusiastici compiacimenti, bramosi di sedurre quel gigantesco anonimo voyeur, di cui noi stessi facciamo parte.
Addio caro vecchio Diario, dunque. Non illuderti, ormai non servi più, perché il nuovo diario, oggi, non è più fatto di carta, penna, sospiri e segreti ma di blog, post, share e link